Recinti aperti 5: la depressione
Dopo la paura, i canti reattivi e le bandiere, si affaccia la depressione. Inevitabile. L’ho sempre pensata come conseguenza a movimenti ed emozioni (che è la stessa cosa come ci dice l’etimologia del termine, ex-moveo, muovere fuori) inespressi. Quando c’è una spinta verso, ma non scaturisce un movimento, la pressione resta dentro e lì fermenta girando a vuoto.
Si scopre una inusitata parentela con gli squali. Dobbiamo muoverci per far funzionare il nostro metabolismo. Troppo lungo il tempo per nascondere sotto le lenzuola le autentiche pressioni, dobbiamo guardarle in faccia.
Ma dobbiamo trovare movimenti che abbiano un senso, ché i falsi riempitivi che costellavano le giornate prima servivano solo a tessere un tappeto più capiente per seppellire polveri crescenti (e questa è una occasione).
Ciò che unisce sperequazione, tempo di Oggi e di Domani, l’attimo sospeso, l’Abbandonarsi a, è Apertura.
Verso l’esterno: alla solidarietà e la suo rischio; che è riconoscimento che gli altri sono parte immanente di noi.
Verso l’interno: ascolto senza tappeti dell’integrazione complessa di sensazioni, emozioni e pensieri.
Circolarità e non piramide con al vertice un uomo solo (solamente e in solitudine).
Anche si chiami Orban o col nostro nome.
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